lunedì 20 aprile 2020

STEP #08 DIALOGHI DI PLATONE

Nella citazione che prende il titolo di 'Primato del Bene', si può rivedere il tema sotto analisi:
«Come nella sfera visibile la luce del sole e la vista correttamente si possono ritenere simili al sole, ma non è corretto ritenere che esse siano il sole, così in quest’altra sfera è corretto ritenere che scienza e verità siano entrambe simili al buono, ma scorretto sarebbe pensare che l’una o l’altra di esse siano il buono: degna di onori ancor più alti è la condizione di buono.»

Il concetto di cyborg si legge nei dialoghi di Platone de La Repubblica ( 514 b.C - 520 a.C ). Il mito della caverna, raccontato nel settimo libro, è ciò che più si avvicina al tema.

Alcuni prigionieri sono stati incatenati, fin dalla nascita, nelle profondità di una caverna. Sono bloccati testa e collo in modo che essi possano solo fissare il muro di fronte a loro.
Alle loro spalle è stato acceso un enorme fuoco e, tra questo e i prigionieri si trova una strada rialzata lungo la quale è stato eretto un muretto in cui alcuni uomini posano oggetti, animali, piante e persone di diverse forme. L'ombra di queste ultime vengono proiettate sul muro dinanzi ai prigionieri e attirano la loro attenzione. Mentre un personaggio esterno ha un'idea completa della situazione, i prigionieri, non conoscono cosa accada realmente alle proprie spalle poiché non hanno esperienza del mondo esterno.
Se un prigioniero venisse liberato dalle catene e venisse costretto a rimanere in piedi, con la faccia rivolta verso l'uscita della caverna: in primo luogo, i suoi occhi sarebbero abbagliati dalla luce del sole ed egli proverebbe dolore. Inoltre, le forme portate dagli uomini lungo il muretto gli sembrerebbero meno reali delle ombre alle quali è abituato.
Allo stesso modo, se il malcapitato fosse costretto ad uscire dalla caverna e venisse esposto alla diretta luce del sole, rimarrebbe accecato e non riuscirebbe a vedere alcunché. Il prigioniero si troverebbe sicuramente a disagio e s'irriterebbe per essere stato trascinato a viva forza in quel luogo.
Volendo abituarsi alla nuova situazione, il prigioniero riuscirebbe inizialmente a distinguere soltanto le ombre delle persone e le loro immagini riflesse nell'acqua; solo con il passare del tempo potrebbe sostenere la luce e guardare gli oggetti stessi. 
Resosi conto della situazione, egli vorrebbe senza dubbio tornare nella caverna e liberare i suoi compagni, essendo felice del cambiamento e provando per loro un senso di pietà: il problema, però, sarebbe proprio quello di convincere gli altri prigionieri ad essere liberati. Infatti, dovendo riabituare gli occhi all'ombra, dovrebbe passare del tempo prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamente anche nel fondo della caverna; durante questo periodo, molto probabilmente egli sarebbe oggetto di riso da parte dei prigionieri, in quanto sarebbe tornato dall'ascesa con "gli occhi rovinati". Inoltre, questa sua temporanea inabilità influirebbe negativamente sulla sua opera di convincimento e, anzi, potrebbe spingere gli altri prigionieri ad ucciderlo, se tentasse di liberarli e portarli verso la luce, in quanto, a loro dire, non varrebbe la pena di subire il dolore dell'accecamento e la fatica della salita per andare ad ammirare le cose da lui descritte.
Il cyborg potrebbe essere, allora, l’attuazione sintetica dell’assetto minuziosamente predisposto da Platone.
L’esperienza descritta nel racconto è quella di un individuo il cui corpo viene diretto con la forza dalla condizione del vincolo alla quale per natura è abituato ad una situazione alla quale deve essere educato, talmente innaturale – direi artificiale – da procurargli dolore.
Puntualizziamo ora che la creatura sintetica trae la sua origine fittizia dal significato del verbo kybernan (“pilotare” e “governare”), si suggerisce la possibilità che una figura mitologica a noi contemporanea come il cyborg possa essere analizzata in Platone.


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